Bioplastica, plastica degradabile, biodegradabile, compostabile: cosa sono e quali sono le differenze?
Il crescente interesse dei consumatori per tematiche come la sostenibilità, le risorse rinnovabili e l'impatto ambientale ha fatto sensibilmente aumentare la domanda di prodotti a basso impatto ambientale, incentivando la ricerca di materiali innovativi, utilizzabili ad esempio come sostituti della "plastica tradizionale".
Con la diffusione e il sempre maggiore utilizzo di questi nuovi materiali anche i termini utilizzati per descriverli, come bio-plastica, biodegradabile e compostabile sono diventati d'uso comune.
Purtroppo spesso si tende a considerare questi termini come sinonimi, utilizzandoli come se fossero equivalenti ed intercambiabili, quando invece non c'è nulla di più sbagliato.
Infatti ognuno di questi termini ha un proprio significato ben preciso e ben distinto dagli altri, quindi ad esempio una bio-plastica non è detto che sia anche biodegradabile, e la plastica degradabile non ha nulla a che vedere con la plastica biodegradabile.
Per prima cosa vediamo cosa significa plastica degradabile (oxo-degradabile)
Essenzialmente si tratta di una plastica "tradizionale" alla quale sono stati aggiunti particolari additivi.
La presenza di questi additivi non modifica la composizione o le caratteristiche della plastica, il loro scopo è solo quello di favorire la frammentazione della plastica stessa.
A seconda dell'additivo utilizzato, quest'ultimo reagendo a particolari condizioni ambientali (luce, calore, ecc) innesca una reazione che, rompendo determinati legami della catena polimerica, fa in modo che la plastica venga in tempi relativamente brevi ridotta in "frazioni microscopiche".
Le dimensioni microscopiche dei frammenti dovrebbero agevolare la successiva e definitiva decomposizione della plastica, tuttavia una relazione della Commissione Europea datata 16 gennaio 2018 relativa all'utilizzo della plastica oxo-degradabile sostiene che non ci siano chiare evidenze a sostegno del fatto che i micro-frammenti possano essere decomposti in tempi ragionevoli, oltre a evidenziare come in determinate situazione l'azione degli additivi possa essere inibito, impedendo di fatto la frammentazione della plastica.
Cos'è la bioplastica
Con il termine bioplastica si possono identificare tre diversi tipi di plastica:
- plastica derivata (parzialmente o interamente) da biomassa (vedi definizione), ma non biodegradabile (bio-PP, bio-PET, ...)
- plastica che può derivare, anche interamente, da materie prime non rinnovabili, ma è biodegradabile (PCL, PBS,...)
- plastica derivata, parzialmente o completamente da biomassa ed è anche biodegadabile (PLA, plastiche a base di amido,...)
Cosa significa biodegradabile?
Come abbiamo appena visto posso esserci dei tipi di plastica che, nonostante derivino da biomassa, NON sono biodegradabili (ad esempio bio-PET o bio-PP); ed esserci delle plastiche derivate da fonti non rinnovabili che invece sono biodegradabili....ma quindi cosa vuol dire esattamente biodegradabile ?
Per prima cosa vediamo cosa si intende per biodegradabilità: cioè la capacità di un materiale, in condizioni ambientali naturali, di dissolversi negli elementi chimici che lo compongono grazie all'azione combinata di agenti biologici (batteri, funghi, piante, animali, ecc...) e fisici (sole, acqua, caldo, freddo,...)
Quindi, secondo l'attuale definizione tutti i materiali hanno un determinato livello di biodegradabilità:
- Fazzoletti di carta: da 1 a 12 mesi;
- Corda: da 3 a 14 mesi;
- Legno: da 1 a 3 anni;
- Bottiglie di vetro: 4000 anni circa;
- Ferro: da 1 a diversi milioni di anni a seconda del tipo di ferro;
- Polistirene: da 450 a 1000 anni.
La plastica biodegradabile
Come abbiamo appena visto tutti i materiali, compresa la plastica +tradizionale", hanno un grado determinato grado di biodegradabilità, quindi cosa differenzia esattamente i materiali non biodegradabili da quelli biodegradabili?
In base allo standard attuale il parametro utilizzato per poter definire un materiale come biodegradabile è il tempo necessario a completare il processo di biodegradazione.
Per poter essere definito "biodegradabile" un materiale deve avere la capacità di biodegradarsi del 90% in un tempo massimo di 6 mesi.
Biodergedabile e compostabile: quali sono le differenze?
Anche per distinguere i materiali biodegradabili da quelli compostabili la principale discriminante è il tempo necessario a completare il processo di biodegradazione.
Infatti per poter essere definito "compostabile" un materiale, e quindi anche una plastica, deve avere la capacità di essere biodegradato nell'arco di 3 mesi.
Inoltre per poter essere abilitato al compostaggio in un impianto industriale il materiale in esame deve superare anche un esame relativo alla propria disintegrabilità. Il materiale viene compostato insieme ad altri per la durata di 3 mesi, al termine dei quali viene analizzato il compost, i residui dovrebbero avere dimensioni inferiori ai 2 mm, nel caso siano presenti residui di maggiori dimensioni, questi vengono raccolti e solo se la loro massa è inferiore al 10% della massa iniziale si considera valido il test di disintegrabilità.
In definitiva se la biodegradazione è un processo lento che si sviluppa naturalmente, il compostaggio è una versione accelerata della biodegradazione.
Riassumendo
Abbiamo visto che ci sono molteplici tipi di bioplastica con caratteristiche differenti, sia biodegradabili che non-biodegradabili, perciò è fondamentale smaltire i vari tipi di plastica nel modo corretto così che possano essere riciclate correttamente.
Quando, ad esempio, prendiamo un sacchetto e lo utilizziamo per la raccolta dei rifiuti umidi dobbiamo assicurarci che sia adatto al compostaggio e non sia indicato solo come "biodegradabile#&34;, infatti la plastica, anche se biodegradabile, va comunque gettata insieme a quella "tradizionale" nel contenitore per la raccolta della plastica.
Alla prossima!!
Lo staff di mypetMall.net
Jin Paganelli